Per ogni testimone,
un oggetto! 

Per ogni testimone, un oggetto! 

Bakhita e la sua fortuna

Bakhita e la sua fortuna

Bakhita nasce in un piccolo villaggio del Sudan. In arabo il suo nome vuol dire fortunata. Non è il suo nome di bambina: quello lei non se lo ricorda perché a sette anni viene rapita dai mercanti di schiavi e per la paura dimentica il suo nome e quello dei propri familiari. Così i suoi “padroni” le danno un nuovo nome senza sapere che Bakhita sarà proprio fortunata. 

Infatti, arrivata in una grande città del Sudan per essere venduta, viene notata da un italiano, il console Callisto Legnani, che decide di liberarla. Il signor Legnani già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Ma per Bakhita non è possibile: la bambina non ricorda chi siano i suoi - una vera sfortuna! Così Bakhita vive nella casa del console e poi decide di seguirlo in Italia. Lì viene accolta dalla famiglia Michieli a Zianigo, vicino a Mirano. Conosce Gesù, desidera essere battezzata e pian piano sceglie di diventare suora canossiana. Bakhita va così a vivere in un convento a Schio (VI). Qui lavora come cuciniera, sagrestana, persino come aiuto infermiera nel corso della Prima guerra mondiale quando parte del convento diventa un ospedale militare. A Schio tutti le vogliono bene per i suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente. La gente sta capendo che hanno a che fare con una santa con la pelle scura e con l’accento vicentino. Quando si rattristano per la sua storia, lei risponde: «Poareta mi? Mi no son poareta perché son del Parón e neła so casa: quei che non xé del Parón i xé poareti» (Povera io? Io non sono povera perché sono del Signore e nella sua casa: quelli che non sono del Signore sono i veri poveri).

Su di lei hanno fatto un film che si trova su Rai Play.

Bakhita nasce in un piccolo villaggio del Sudan. In arabo il suo nome vuol dire fortunata. Non è il suo nome di bambina: quello lei non se lo ricorda perché a sette anni viene rapita dai mercanti di schiavi e per la paura dimentica il suo nome e quello dei propri familiari. Così i suoi “padroni” le danno un nuovo nome senza sapere che Bakhita sarà proprio fortunata. 

Infatti, arrivata in una grande città del Sudan per essere venduta, viene notata da un italiano, il console Callisto Legnani, che decide di liberarla. Il signor Legnani già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Ma per Bakhita non è possibile: la bambina non ricorda chi siano i suoi - una vera sfortuna! Così Bakhita vive nella casa del console e poi decide di seguirlo in Italia. Lì viene accolta dalla famiglia Michieli a Zianigo, vicino a Mirano. Conosce Gesù, desidera essere battezzata e pian piano sceglie di diventare suora canossiana. Bakhita va così a vivere in un convento a Schio (VI). Qui lavora come cuciniera, sagrestana, persino come aiuto infermiera nel corso della Prima guerra mondiale quando parte del convento diventa un ospedale militare. A Schio tutti le vogliono bene per i suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente. La gente sta capendo che hanno a che fare con una santa con la pelle scura e con l’accento vicentino. Quando si rattristano per la sua storia, lei risponde: «Poareta mi? Mi no son poareta perché son del Parón e neła so casa: quei che non xé del Parón i xé poareti» (Povera io? Io non sono povera perché sono del Signore e nella sua casa: quelli che non sono del Signore sono i veri poveri).

Su di lei hanno fatto un film che si trova su Rai Play.

Leggi l'articolo realizzato da la "Difesa del Popolo" su Giuseppina Bakhita