1a domenica di Quaresima - 26 febbraio 2023

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Dal Vangelo di Matteo

In quel tempo Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù!». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Mi lascio ispirare

Rabbia - Dalla fiducia in Dio la vera forza

La prima domenica di Quaresima incontriamo sempre il Vangelo delle tentazioni; quest’anno è nella versione dell’evangelista Matteo ed è abbinato come prima lettura al capitolo terzo della Genesi, quando Adamo ed Eva si lasciano sedurre dal tentatore e non si fidano più di Dio. Il serpente, strisciando, insinua il dubbio: e se Dio vi nascondesse qualcosa? Gli uomini si fidano di lui piuttosto che del Signore e così perdono il giardino delle delizie che Dio aveva preparato per loro, il paradiso terrestre. Anche Gesù è stato tentato da Satana; anche con lui il diavolo ha provato ad insinuare il sospetto, per ben due volte; alla terza tentazione il diavolo ha lasciato cadere la maschera e ha detto esplicitamente quello che voleva: lascia Dio e fidati di me! Ma Gesù non ha ceduto; la sua fiducia in Dio non ha vacillato neppure per un momento. Non si è nemmeno messo a discutere con satana, ma ad ogni proposta ha opposto un’obiezione secca. Noi purtroppo assomigliamo di più ad Adamo ed Eva; di fronte alla tentazione facciamo fatica, ci lasciamo confondere e troppe volte, nonostante i più bei propositi, cediamo. Che rabbia! Ma perché facciamo così fatica? Per di più, a cosa serve sapere che Gesù è così forte, così sicuro? Rischia di farci ancora più rabbia, perché noi non siamo come lui! Non dimentichiamo che la parola ‘Vangelo’ vuol dire “Buon annuncio”; e il buon annuncio oggi è questo: il diavolo non è invincibile, Gesù lo ha sconfitto. È vero che il tentatore è abile; ma c’è chi l’ha vinto, aprendoci una strada. 

Rifletto...

  • Quando mi sono accorto di aver dato ascolto alla tentazione, di averci dialogato, di essermi lasciato confondere e così cadere?

  • So riconoscere la voce del Signore che chiede di fidarmi di Lui e così allontanare il tentatore?  
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La rabbia e il suo potenziale costruttivo

La rabbia è una delle emozioni di base, universale, che appartiene all’esperienza umana ed ha una funzione adattiva, che risiede nell’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova e nel rispondere ad un’ingiustizia, subita o percepita. Davanti a un’esperienza di rabbia possiamo reagire in tanti modi diversi: alcune persone sono più propense a tenere tutto dentro; altre cercano di non pensarci; altre la sfogano con parole o comportamenti. Quando la rabbia degenera e va oltre la sua funzione adattiva, parliamo di collera, un’emozione ingombrante, scatenata anche da minimi stress, controproducente per sé stessi, oltre che per gli altri. Sul versante opposto si colloca, in mani era altrettanto problematica, l’inibizione della rabbia, quando non si è stati incoraggiati ad esprimerla ma, al contrario, si è cresciuti con il divieto, anche implicito, di prendere parte a qualsiasi forma di conflitto interpersonale. Diversi studi hanno evidenziato che questo meccanismo inconsapevole predispone maggiormente alla depressione. Intraprendendo un percorso volto al riconoscimento della catena di pensieri, reazioni emotive e comportamenti che si attivano in relazione a stimoli interni od esterni, è possibile trasformare la rabbia in grinta, in energia creativa al servizio di valori e di progetti che si intende perseguire.

Una voce dalla Palestina

Prima di arrivare a Gerusalemme la parola ‘rabbia’ non entrava nel mio orizzonte. Invece proprio nella Città Santa questa emozione mi ha schiaffeggiato appena arrivata negli scontri tra i ragazzi del quartiere arabo dove abitiamo e i soldati israeliani. Mi ha travolta nella sua voragine di violenza nella guerra di Gaza, mi ha sconvolta nel subire le sassaiole ricorrenti, gli attacchi con molotov e gas lacrimogeno nel nostro giardino, nelle conversazioni sui mezzi pubblici, nelle umiliazioni perpetrate quotidianamente nei check point, nei soprusi dell’esercito, nella frustrazione e la disperazione dei giovani. Dopo pochi mesi dal mio arrivo la rabbia era già parte abituale delle mie giornate e, senza accorgermene, ne diventavo anch’io vittima e attrice. Dal vortice della rabbia mi ha salvato l’incontro: l’amicizia e la collaborazione con israeliani e palestinesi a entrambi i lati del Muro di separazione e l’ascolto attento delle storie, delle narrative e delle ferite di ogni persona che incontravo. Per questo si costruiscono muri su tanti confini, e si nutrono differenze e nazionalismi: perché l’incontro con il volto dell’altro umanizza la relazione e costruisce relazione e nel farlo guarisce la rabbia, sconfigge la paura e crea possibilità di futuro.

Suor Alicia - Missionaria Comboniana

“Quando ti viene un pensiero di rabbia, di scontento fermati: ma Signore dove stai e dove sto andando io? E il Signore è lì e ti darà la parola giusta, il consiglio per andare avanti senza questo succo amaro del negativo”. […]  “Ogni giorno che inizia, se accolto nella preghiera, si accompagna al coraggio, così che i problemi da affrontare non siano più intralci alla nostra felicità, ma appelli di Dio, occasioni per il nostro incontro con Lui”. (Papa Francesco)