Per ogni testimone,
un oggetto! 

Per ogni testimone, un oggetto! 

Maria Carola e il suo cappello da esploratrice

Maria Carola e il suo cappello da esploratrice

Maria Carola Cecchin è una ragazza giovanissima di Cittadella (PD). La cosa che colpisce del suo abito da suora è il grande cappello da esploratrice. E in effetti la sua missione è stata proprio quella di esplorare come Dio stava in mezzo al popolo Kikuyu del Kenya - una splendida nazione di tribù col volto decorato e con splendide collane al collo. 

Deve aver avuto molto coraggio a partire per il Kenya - era inizio Novecento: lei appena appena ventenne stava di fronte ad un continente appena disegnato sulle mappe. Gli europei lo avevano iniziato a conoscere solo cinquant’anni prima e non stavano facendo una bella figura: arrivavano con il cannone e i fucili a comandare, a cancellare secoli di tradizioni e di culture magnifiche. Erano lì per sfruttare, per imporre la loro legge, per portare “la civiltà ai selvaggi” come se il mondo potesse dividersi in migliori e peggiori. Ma tra i bianchi c’erano anche persone disarmate, con in mano solo un libro, il Vangelo, e con in cuore la certezza di andare incontro a fratelli e sorelle uguali a loro. E la giovanissima suor Maria era tra questi. Le suore tengono la casa, fanno scuola e catechismo, curano i malati, fanno conoscere la storia di Gesù ai kikuyu. Suor Maria ha un gran daffare dalla cucina all’orto alle faccende di casa, solo con maggior disagio e cento difficoltà in più rispetto a Cittadella, perché «ha a disposizione una stufetta mezza rotta, un po’ di legna da bruciare, piatti di latta e al posto del pane usa una gran quantità di patate. Il cibo è scarso e non basta mai».

Lei ci lascia questo insegnamento: «La grandezza non sta nelle cose che fai ma nell'amore che metti nel farle». Dev’essere davvero tanto l’amore di questa ragazza di Cittadella, se «tutti conoscevano il suo grande cuore e ricorrevano a lei, certi di essere aiutati».

Maria Carola Cecchin è una ragazza giovanissima di Cittadella (PD). La cosa che colpisce del suo abito da suora è il grande cappello da esploratrice. E in effetti la sua missione è stata proprio quella di esplorare come Dio stava in mezzo al popolo Kikuyu del Kenya - una splendida nazione di tribù col volto decorato e con splendide collane al collo. 

Deve aver avuto molto coraggio a partire per il Kenya - era inizio Novecento: lei appena appena ventenne stava di fronte ad un continente appena disegnato sulle mappe. Gli europei lo avevano iniziato a conoscere solo cinquant’anni prima e non stavano facendo una bella figura: arrivavano con il cannone e i fucili a comandare, a cancellare secoli di tradizioni e di culture magnifiche. Erano lì per sfruttare, per imporre la loro legge, per portare “la civiltà ai selvaggi” come se il mondo potesse dividersi in migliori e peggiori. Ma tra i bianchi c’erano anche persone disarmate, con in mano solo un libro, il Vangelo, e con in cuore la certezza di andare incontro a fratelli e sorelle uguali a loro. E la giovanissima suor Maria era tra questi. Le suore tengono la casa, fanno scuola e catechismo, curano i malati, fanno conoscere la storia di Gesù ai kikuyu. Suor Maria ha un gran daffare dalla cucina all’orto alle faccende di casa, solo con maggior disagio e cento difficoltà in più rispetto a Cittadella, perché «ha a disposizione una stufetta mezza rotta, un po’ di legna da bruciare, piatti di latta e al posto del pane usa una gran quantità di patate. Il cibo è scarso e non basta mai».

Lei ci lascia questo insegnamento: «La grandezza non sta nelle cose che fai ma nell'amore che metti nel farle». Dev’essere davvero tanto l’amore di questa ragazza di Cittadella, se «tutti conoscevano il suo grande cuore e ricorrevano a lei, certi di essere aiutati».